Nel 2020 le imprese florovivaistiche abruzzesi hanno registrato un calo consistente del valore della produzione e un maggior numero di cancellazioni rispetto alle iscrizioni nel Registro delle Imprese con un conseguente tasso di sviluppo negativo. È quanto emerge dalle elaborazioni svolte dal CRESA Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia. |
Il valore della produzione di fiori e piante da vaso secondo le stime dell’Istat ha raggiunto nel 2020 in Abruzzo i 7,6 milioni di euro (a valori concatenati con anno di riferimento 2015). Questo risultato pone la regione al 13° posto nella relativa graduatoria italiana nella quale primeggia la Liguria con 315 milioni di euro (30,0% del totale nazionale) seguita da Sicilia (147,2 milioni di euro cioè il 14,0%), Campania (125,6 milioni di euro pari al 12,0%) e Lazio (106 milioni di euro pari al 10,1%).
La pandemia da Covid-19 ha avuto pesanti ripercussioni sul settore considerando che, a causa dei periodi di lockdown e delle limitazioni a feste ed eventi, nel corso del 2020 il valore della produzione di fiori e piante da vaso in Abruzzo è calato del 10,0% (Italia: -9,0%) rispetto al 2019, cosicché si pone tra le cinque regioni con flessioni a due cifre (Campania: -11,1%; Toscana: -10,3%; Umbria e Puglia: -10,1%). Il risultato negativo del 2020 arriva a conclusione di un decennio caratterizzato da un andamento calante per tutte le regioni. Tra il 2010 e il 2019, infatti, l’Abruzzo aveva già perso il 24,1%, calo peggiore di quello italiano (-11,2%) e tra i più pesanti a livello regionale (Campania: -26,2%; Toscana: -25,8%; Umbria: -25,3%) derivante da una variazione media annua del -3,0% (Italia: -1,3%).
Le imprese abruzzesi attive nel florovivaismo, considerando in base alla classificazione Ateco 2007 quelle iscritte nel Registro delle imprese delle Camere di Commercio con i codici 1.19.1 (coltivazione di fiori in piena aria), 1.19.2 (coltivazione di fiori in colture protette) e 01.3 (riproduzione delle piante), secondo i dati Infocamere-Stockview al 30 giugno 2021 sono 179, cioè l’1,2% delle 14.396 imprese florovivaistiche italiane. La regione si pone al 16° posto nella graduatoria nazionale dominata da Liguria (2.609 unità pari al 18,1%), Toscana (2.006 cioè il 13,9%) e Lombardia (1.625 corrispondenti all’11,3%). A livello provinciale in Abruzzo 25 unità (14,0% del totale regionale) sono localizzate a L’Aquila, 39 (21,8%) a Teramo, 59 (33,0%) a Pescara e 56 (31,3%) a Chieti. Pescara emerge per specializzazione considerando che le imprese florovivaistiche hanno un peso sul totale di quelle agricole (1,4%) doppio dell’analogo peso a livello regionale.
Gli effetti della pandemia possono essere evidenziati considerando che le imprese cessate nel 2020 hanno ben superato quelle iscritte determinando un tasso di sviluppo (differenza tra il tasso di natalità e quello di mortalità) pari in Abruzzo a -2,8% peggiore di quello italiano (-1,0%). Tra le province il tasso di sviluppo è stato molto negativo a Pescara (-11,7%).
Il settore tra il 2015 e il 2019 aveva visto un sensibile aumento delle imprese attive che in Abruzzo ha raggiunto il +9,4%, ben maggiore del +2,8% italiano derivante dagli incrementi di numerose regioni in gran parte erosi dal calo della Liguria.
Nel florovivaismo abruzzese è rilevante la presenza di imprese femminili che rappresentano il 33,1% del totale (22,2% in Italia) e pongono la regione al primo posto nella graduatoria nazionale. Le imprese giovanili sono meno diffuse (10,7% rispetto al 9,3% italiano). Le imprese straniere, pur essendo ancora meno numerose (6,2% rispetto al 4,0% italiano) pongono l’Abruzzo al secondo posto della graduatoria nazionale dopo la Toscana (8,5%).
A livello provinciale si osserva che il peso delle imprese femminili è molto rilevante a Chieti (39,3%) mentre L’Aquila risalta per il peso delle imprese giovanili (25,0%) e di quelle straniere (8,3%).
Tornando all’Italia, il calo del valore della produzione si è verificata in concomitanza con un incremento dell’indice dei prezzi di fiori e piante che tra il 2015 e il 2020 è aumentato del 15,7% contro l’aumento del solo 8,1% della media dei prezzi dei prodotti agricoli.