Spazio Varco, una porta al di là della ricostruzione


spazio varco

Ha aperto solo qualche giorno fa. Ma è diventato subito un punto di riferimento in centro storico per gli appassionati di ar­te contemporanea. Il fatto che il centro storico in questione è quello de L’A­quila, città in ricostruzione dunque in transito verso una sua rinascita. Spazio Varco (nella fo­to), dunque, si pone come luogo di transizione e sperimentazione, come accesso a una situazione ancora precaria ma che intende aprirsi all’esterno, per dar respiro alle as­sopite co­scienze del territorio con la volontà di far rete, nel se­gno di un rapporto etico del la­voro artistico.

Spazio Var­co ha inaugurato do­menica 29 novembre con vernissage Portafortuna, una mostra in progress nata dal gemellaggio con il giovane Spazio Y di Roma. Quest’ultimo, aper­to un anno fa, aveva chiesto ad artisti, curatori, fotografi e scrittori di donare una piccola opera con il tema del portafortuna. Partendo da questa collezione – che rimarrà esposta nello spazio aquilano per due settimane – i tre artisti e curatori lanciano un appello ai cittadini, agli artisti aquilani e non, invitati ad ampliare la raccolta, che attualmente consta di 200 opere.

Spazio Varco ri­marrà attivo per un anno con mostre a cadenza mensile, accogliendo artisti da tutta Italia. I due “direttori artistici”, sono gli aquilani Paola Marulli e Andrea Pa­narelli. “Spa­zio Varco è un nome mol­to evocativo, so­prat­tut­to in una città come L’Aqui­la – ci dice Paola Ma­rulli – Di varchi la città de L’A­quila ne ha avuti tan­ti: luoghi non accessibili do­po il terremoto del 6 aprile 2009, identificati come ‘zona rossa’, dove era consentito transitare solo dopo aver passato un presidio armato con l’ob­bligo di riconoscimento. Nel nostro caso il varco è libero. Un passaggio che non prevede una particolare condizione o attitudine, ma che ha l’intento di creare una dimensione alternativa alla rico­stru­zione ma­teriale che sta avvenendo in città al di fuori dello Spa­zio”.

Per Andrea Panarelli, in­vece l’intento è di oltrepassare la situazione di difficoltà che si vive in questa non-città. “Il si­sma ci ha catapultati in una specie di fossa mentale da cui sembra impossibile uscire – spiega – Varco nasce proprio dall’intenzione di praticare un taglio chirurgico in un comprensorio devastato non solo fisicamente ma anche a livello sociale per oltrepassare questa zo­na morta mentale e allacciarci al futuro”.