L’Aquila si mobilita per il 6 aprile. La Cassazione scrive fine sul processo alla Grandi rischi


Fiaccolata di commemorazione vittime del sisma

E’ arrivata proprio nel giorno della chiamata a raccolta degli aquilani per ricordare le 309 vittime del 6 aprile 2009. Nel giorno che ricorda anche la riunione della Commissione Grandi Rischi di sette anni fa, quando dopo una scossa, una delle tante di quei mesi, molto più forte del solito però, la città si era allarmata era scesa in piazza ed erano stati chiusi alcuni edifici del centro storico dopo le necessario verifiche. Già oggi 30 marzo per noi aquilani inizia l’altra settimana di passione e di dolore, quella che ci porterà a celebrare e a  ricordare chi non ce l’ha fatta, quella che ci porterà di nuovo, con un groppo alla gola e allo stomaco, a sfilare per le vie del centro storico dell’Aquila con le fiaccole e le foto dei morti in evidenza. Così si inizia con lo strazio ancora tutto li vivo e bruciante dei familiari dei martiri del 6 aprile 2009 che oggi dal Parco del Castello torneranno a gridare la loro rabbia contro uno Stato ed un sistema che al settimo anniversario ancora non riesca a dare una verità su quelle morti. O meglio una prima e amara, quanto definitiva,  verità è arrivata proprio ieri dalla Corte di Cassazione che con le motivazioni della sentenza di assoluzione al cosiddetto processo alla Grandi Rischi, quella riunione di commissione effettuata il 31 marzo 2009 sulla situazione del territorio ormai da mesi interrato da un importante sciame sismico, ha scritto la parola fine su una vicenda  ed un procedimento giudiziario che ha fatto discutere il mondo intero.

Così nelle 170 pagine di motivazioni della sentenza che assolve i sei esperti di terremoti il nocciolo della questione sta in poche parole, queste: “Esulava dai compiti istituzionali della commissione Grandi rischi, alla vigilia del terremoto del 6 aprile 2009, la gestione della comunicazione esterna, affidata in esclusiva all’organo titolare dei compiti di prevenzione”, ovvero alla Protezione civile per questo diventa inevitabile la condanna, pure definitiva, a 2 anni di reclusione per omicidio colposo e lesioni dell’ex vice capo dipartimento della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis. È lui che, secondo i giudici di legittimità, con una “scorretta condotta informativa” e una “comunicazione di contenuto inopportunamente e scorrettamente tranquillizzante”, ha finito per indurre “taluni destinatari all’abbandono di consuetudini di comportamento autoprotettivo rivelatosi fatale”, ovvero li ha rassicurati e convinti a rimanere a casa, causando, in alcuni casi decessi: 13, in particolare, vengono ritenuti provati, per altri 16 invece è stato assolto. Se, al contrario, De Bernardinis avesse utilizzato “uno standard di indiscutibile correttezza scientifica e di più accorta prudenza”, ebbene “le morti non si sarebbero verificate”.

Quanto alla commissione di scienziati, secondo la sentenza il trasferimento di informazioni con la Protezione civile “non assumeva carattere di comunicazione alla popolazione, anche quando destinatario delle informazioni fossero state articolazioni territoriali del servizio nazionale di Protezione civile”. E non si possono contestare, come fatto dall’accusa, alcune delle affermazioni tecniche contenute, giuste o sbagliate che siano, mentre per i giudici del “Palazzaccio” sia il magistrato di primo grado, Marco Billi, sia i ricorsi delle parti civili e dell’accusa “hanno avanzato la pretesa di costruire una camicia di contenzione al processo di conoscenza”. A essere definitivamente assolti sono Franco Barberi, all’epoca presidente vicario della commissione Grandi rischi, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e., Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. Il Collegio giudicante, presieduto dal magistrato Fausto Izzo, era composto anche dai giudici Salvatore Dovere e Marco Dell’Utri (consiglieri estensori), Patrizia Piccialli e Andrea Montagni. A sostenere l’accusa è stata sostenuta dal sostituto procuratore generale Maria Giuseppina Fodaroni.

Oggi pomeriggio il grido di dolore e di solitudine dei familiari dei 309 morti del 6 aprile 2009 sarà ancora più forte e straziante.