Per Chieti è molto di più che un appuntamento religioso. La processione del Venerdì Santo è un momento identitario, qualcosa che ha a che fare con la Teatinità e l’essere Teatino e infatti, chi si sente tale, anche se lontano dalla sua città, torna nel giorno del venerdì delle ceneri per parteciparvi e riabbracciare le sue radici.
Il rito è molto antico. “Ci sono documenti che datano la sua nascita nell’842”, spiega lo storico Aurelio Bigi, nel corso di una conferenza organizzata dal Rotaract. “Erano anni difficili per Chieti – ha continuato Bigi – che tentava di risollevarsi dopo che Pipino l’aveva resa al suolo”.
La città si strinse intorno al suo cuore, il centro storico, con la Civitella e la cattedrale di San Giustino e iniziò un cammino per rinascere, proprio come il rito cristiano simboleggia nella processione del Venerdì Santo l’attesa della rinascita nella domenica di risurrezione.
Una caratteristica della processione teatina sono i simboli della Passione che sfilano lungo il corteo in marcia solenne tra due ali di folla silente. Ma nei suoi primi anni i simboli portati in corteo erano solo tre: uno scheletro con una falce e una croce in mano, il catafalco con il Cristo morto e lo stendardo dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti che ha sempre organizzato la processione. Una cosa che invece non è mai mancata, sin dagli esordi, è la musica ad accompagnare il corteo. Nel 1650, ha raccontato ancora Bigi, il Papa volle rivedere per ben due volte di seguito la processione teatina, anche per poterne riascoltare le arie musicali.
La Processione di Chieti è ancora celebre anche per la sua colonna sonora che adesso è il Miserere di Saverio Selecchy, compositore teatino del ‘700. L’aria struggente delle sue note risulta fondamentale per donare all’antico rito tutto il suo pathos. Sono 300 i cantori diretti dal maestro Loris Medoro, mentre l’orchestra, composta da violini, viole, violoncelli, flauti traversi, clarinetti, fagotti sassofoni, è diretta dal maestro di cappella Peppino Pezzullo. Alla luce dei tripodi, spenti i lampioni e le insegne dei negozi, abbassate le saracinesche, il corteo esce all’ imbrunire dalla cattedrale. Sfilano gli “incappucciati” coperti dei colori delle diverse confraternite.
Il posto d’onore è per l’ Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti che con il suo grande stendardo funebre apre la processione. Arriva poi il clero, raccolto attorno all’ arcivescovo Bruno Forte. E poi sfilano i simboli della Passione: la statua della Madonna Addolorata, una delle immagini più celebri della processione teatina, il Cristo Morto, l’Angelo alato con in mano il calice amaro della passione di Gesù, le lance, la colonna alla quale fu legato Cristo, il sasso, il volto santo che rappresenta l’episodio della Veronica, la scala per la crocifissione e infine la croce.