Un tesoro sepolto sotto strade e palazzi del centro storico, che ha sfidato il passare dei millenni soccombendo, in parte, solo alla mano dell’uomo. È la Chieti sotterranea, gioia e dolore dell’offerta turistica cittadina, capace di richiamare grandi presenze di pubblico ma difficile da rendere fruibile.
L’abbiamo riscoperta grazie a un giro offerto da due guide del Cars (Centro appenninico di ricerche sotterranee) Marta Di Biase ed Errico Orsini e dall’animatore di Visit Chieti, pagina Facebook dedicata alle bellezze teatine, Gianluca Squicciarini. Grazie a loro siamo entrati in quattro ipogei, due visitabili e due chiusi al pubblico.
In gran parte si tratta di antiche cisterne, in grado di raccogliere l’acqua piovana e conservarla.
Iniziamo dagli ipogei di Porta Pescara, gestiti a titolo volontaristico dal Cars, che organizza visite anche su prenotazione, e passiamo poi a quelli di proprietà della fondazione Carichieti, visitabili gratuitamente ogni ultimo sabato del mese grazie allo Speleoclub, che apre un tratto dell’antica via Tecta (nella foto qui sotto), galleria interrata conservata per soli 45 metri di lunghezza, da cui partono cunicoli, pure percorribili, con uno sviluppo complessivo di 90 metri.

Poi c’è la cisterna di largo dei Carbonari (nella foto in alto), che è di proprietà privata. A farci entrare è infatti il proprietario, Luca Giampietro, che sporadicamente la utilizza anche per eventi pubblici, in occasione, ad esempio, del Maggio Teatino. Andiamo infine in via Gizzi, per entrare nella cisterna dobbiamo scoperchiare una botola nella sede stradale. Di recente i pompieri hanno provveduto a svuotare la cisterna dall’acqua. A terra ce n’è ancora e per camminare si utilizzano passerelle in legno. Questo perché la cisterna è stata costruita così bene che, nonostante sia chiusa, assolve ancora alla sua funzione, quella di raccogliere e conservare l’acqua piovana.