di MARCO BRUNO
Esiste una linea invisibile che collega due importanti luoghi del cristianesimo cattolico in Italia, cioè Manoppello in Abruzzo e Torino in Piemonte. Tali località sono custodi di reliquie di grande valenza spirituale, storica e scientifica.
Stiamo parlando del Volto Santo in provincia di Pescara e della Sacra Sindone conservata nel Duomo piemontese. Il velo di Manoppello raffigurerebbe il viso di Cristo, mentre nella Sindone sarebbe impresso l’intero corpo del Salvatore. Queste straordinarie testimonianze silenziose della fede ci narrano una storia antica nota a tutti, credenti e non credenti: la passione, la morte e la risurrezione di Gesù. Quella che si vuole qui riportare è un’ analisi obiettiva condotta su due reliquie che sembrano molto vicine alle pagine dei Vangeli. E soprattutto – come si diceva all’inizio – c’è l’intenzione di sottolineare il legame che unisce Manoppello a Torino: secondo gli studi effettuati dal sacerdote Enrico Sammarco e da suor Blandina Paschalis Schlomer, infatti, il volto di Manoppello è sovrapponibile ai lineamenti dell’uomo della Sindone, perciò un lontano giorno entrambi i teli furono racchiusi nella tomba di Cristo. La Chiesa per prudenza non ha ufficialmente riconosciuto i due oggetti funebri, in attesa di ulteriori ed eventuali indagini scientifiche. Tuttavia, proprio le indagini condotte finora, inducono a ritenere che le reliquie siano effettivamente autentiche.
Volto Santo
Ma procediamo con ordine, a partire da Manoppello. Il Volto Santo è un velo sottile (17 centimetri x 24) fatto di bisso marino. Raffigura, come la Sindone, un’immagine “acheropita”, cioè non realizzata da mani umane. Il viso che appare dalla teca della reliquia sembra dipinto ma, in realtà, il tessuto non è colorato. Sono le fattezze di un uomo dallo sguardo sereno, con i capelli lunghi e la barba, le labbra dischiuse e gli occhi che danno l’impressione di guardare il visitatore. Si rimane di solito in preghiera, si avverte una presenza che ci osserva con dolcezza. Meditare davanti a quel volto è un’esperienza coinvolgente che ci pone di fronte alla dimensione della trascendenza. Il rettore della basilica, padre Carmine Cucinelli, ha risposto a qualche domanda formulata dalla nostra redazione.
Il Volto Santo è ufficialmente un’immagine “acheropita”, tuttavia ci sono studi che sostengono che sul velo vi siano tracce di colore. Ci può dare qualche chiarimento?
E’ una supposizione, non accertata completamente, sono stati fatti vari esami ed è risultato che in qualche parte ci sono come delle escrescenze che debordano dai fili, ma solo il qualche parte, non si può dire che sia una pittura, c’è della materia estranea ai fili solo in qualche punto, in minima parte. I nostri padri rettori precedenti dicevano: ” E’ stata dipinta da mano angelica”, per dire che sembra una pittura però pittura non è. Il materiale del velo, inoltre, è il bisso marino e ha un filo idrorepellente. E’ stata fatta una prova empirica: la signora Chiara Vigo – e lo testimonia un filmato – ha fatto scrivere dalla figlia “Benedetto XVI” su una strisciolina di bisso e dopo alcuni minuti la scritta è scomparsa, praticamente è evaporata. Dal momento che è idrorepellente, insomma, non ha attaccato. Un professore dell’Enea ha detto che, oltre a essere idrorepellente, anche la natura stessa del filo (rotondo e non piatto) renderebbe difficoltosa ogni tipo di colorazione. Pietro Baraldi, invece, docente dell’Università di Modena, ha dimostrato tramite l’esame Raman che sul tessuto non c’è colore. Ha trovato solo le proteine animali del bisso.
Com’è arrivato il velo a Manoppello?
La fonte ufficiale è una relazione historica scritta da un frate cappuccino nel 1648. Questo frate ha rilevato una precisa tradizione popolare, ha redatto un documento e ne ha fatto quattro copie. Nel 1506 un pellegrino è arrivato a Manoppello e ha consegnato il Volto Santo a un medico, per poi scomparire misteriosamente. Il medico ha pensato che potesse essere un angelo. Questa è la tradizione. Il direttore dei musei vaticani, però, sottolinea la sparizione della Veronica (“vera icona”) romana nel 1527 durante il sacco di Roma. Gli studiosi, quindi, ritengono plausibile che il velo sia stato salvato da qualcuno in quell’occasione. In seguito potrebbe essere stato portato a Manoppello.
Il 1° settembre 2006, Papa Benedetto XVI ha visitato a Manoppello e ha visto il telo. Come si è espresso in proposito?
Il Papa in merito all’autenticità non ha detto nulla, ha ribadito soltanto che ognuno di noi deve cercare sempre il volto di Cristo; tuttavia, il suo sostare in raccoglimento davanti a questa immagine è stato più eloquente di qualsiasi commento. Inoltre, dopo la visita, ha elevato il santuario a basilica minore.
Sacra Sindone
Descriviamo adesso la Sacra Sindone di Torino. Il lenzuolo funerario che avvolse Gesù è di lino e misura 4,41 metri x 1,13. Nel Duomo è arrivato dopo un lungo percorso attraverso i secoli. Abbiamo sue notizie in Francia già dal 1353 circa. Senza entrare nei dettagli, diremo che le tappe certe di questo itinerario storico sono da ravvisare in poche città: Lirey, Chambery e, infine, il capoluogo piemontese. Appartenne alla famiglia Savoia dal 1453 al 1983, finché, alla morte di Umberto II, venne donata per volontà testamentaria al Papa. Gli studi multidisciplinari compiuti sul telo sindonico hanno costantemente ribadito l’altissima probabilità che si tratti in effetti del vero sudario di Cristo. Solo l’esame al carbonio 14 effettuato nel 1988 ha datato la reliquia tra il 1260 e il 1390 d.C. Tuttavia, ci sono serie motivazioni per ritenere che questo arco temporale sia erroneo, poiché il metodo del C14 non è applicabile a un reperto come la Sindone. Il telo ha rischiato di essere bruciato nel 1532 da un incendio che, a causa del forte surriscaldamento, potrebbe aver modificato la sua struttura chimica; se così fosse, la datazione sarebbe inesatta e, pertanto, vana. Tra l’altro, le stesse modalità di prelievo dei campioni di tessuto hanno suscitato molte perplessità nell’ambiente scientifico. Al contrario, le ragioni dell’autenticità sono numerose, ed escludono l’ipotesi dell’epoca medievale. Nessun falsario avrebbe potuto “costruire” tutte le inspiegabili peculiarità del telo.
Elenchiamo di seguito quelle più importanti, inconciliabili con le conoscenze scientifiche, artistiche e archeologiche del Medioevo:
-
I chiodi dell’uomo della Sindone sono stati conficcati nei polsi e non nelle mani, come si è ritenuto per molto tempo. La moderna medicina anatomica ha confermato che i chiodi nelle mani non avrebbero potuto reggere il peso corporeo del condannato.
-
La Sindone non è una pittura e non esiste nessuna traccia di colore. Sono presenti, però, macchie di sangue umano maschile di gruppo AB.
-
Tramite alcune apparecchiature si è visto che sulla reliquia è presente una informazione tridimensionale. In altre parole, il lenzuolo ha avvolto un vero corpo umano.
-
Il telo presenta pure il concetto di negativo fotografico, al punto che, qualora si scattasse una foto, l’immagine sarebbe più visibile sul negativo.
-
Sulla testa è stato posto un casco di spine, e non una corona circolare. In effetti le corone orientali avevano proprio quella forma.
-
Dalla Sindone possiamo le dedurre le modalità della crocifissione romana, confermate dall’archeologia. La tremenda esecuzione capitale avveniva così: il braccio verticale della croce (stipes o staticulum) rimaneva fissato nel terreno, mentre il condannato portava sulle spalle il braccio orizzontale (patibulum). Raggiunto lo stipes, i polsi venivano inchiodati al patibulum. Il braccio orizzontale veniva quindi issato e collocato su quello verticale. Ebbene, l’uomo del sudario ha sulla scapola sinistra e sulla spalla destra i segni causati dal peso e dal trasporto del patibulum.
-
Sul telo sono stati individuati alcuni pollini dell’area geografica di Gesù.
-
La tessitura a spina di pesce del lenzuolo è compatibile con le produzioni tessili antiche della Palestina.
-
Una ricerca approfondita dell’Enea ha sottolineato che la scienza attuale non è in grado di riprodurre tutte le caratteristiche del telo sindonico, pertanto è “estremamente improbabile ottenere una immagine simil-sindonica tramite metodi chimici a contatto, sia in un moderno laboratorio, sia a maggior ragione da parte di un ipotetico falsario medievale”.
Le due reliquie, insomma, sono simboli che continuano a interrogare le nostre coscienze e che paiono riproporre la domanda di Gesù nel Vangelo di Matteo: “Ma voi, chi dite che io sia?” (16,15. Bibbia CEI 2008).